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Sistema CIP pulizia: cosa considerare per l’industria alimentare

Sistema CIP pulizia: cosa considerare per l’industria alimentare

L’igiene degli impianti produttivi è un aspetto essenziale nell’industria alimentare, non solo per una questione normativa, ma anche e soprattutto per garantire la sicurezza del consumatore e la qualità del prodotto finale. 

Garantire impianti di produzione perfettamente igienizzati, tuttavia, non sempre è così semplice. Esistono però numerosi sistemi di pulizia capaci di aiutare le industrie alimentari a sanificare ambienti e macchinari senza perdere troppo tempo e produttività. Tra questi, ci sono i sistemi di pulizia CIP: continua a leggere l’articolo per scoprire cosa sono e come funzionano!

Cos'è la Pulizia CIP?

La pulizia CIP (acronimo di Cleaning In Place) è un metodo di pulizia automatizzato che permette di pulire le superfici interne di tubazioni, serbatoi, attrezzature di processo, filtri e raccordi, senza smontare l’intero impianto. Questo rappresenta un enorme vantaggio rispetto ai metodi di pulizia manuali, che richiedono invece lo smontaggio dell’impianto, la pulizia dei singoli componenti e il successivo rimontaggio.

Un sistema di pulizia CIP utilizza una combinazione di agenti chimici (come detergenti e disinfettanti), energia termica (calore) ed energia meccanica (come flusso turbolento e impatto dello spray) per rimuovere residui di prodotto, contaminanti e microrganismi dalle superfici che vanno a contatto con il prodotto. 

Dove può essere impiegato il sistema di pulizia CIP?

I sistemi di pulizia CIP possono essere utilizzati in diversi settori, tutti accomunati da elevati standard di igiene:

  • Industria alimentare: è l’applicazione più vasta. Dalla lavorazione del latte e dei prodotti caseari alla produzione di succhi di frutta, salse, conserve, prodotti da forno, carne e piatti pronti. 
  • Industria delle bevande (Beverage): vengono utilizzati per birrifici, produttori di vino, acque minerali, soft drink e altre bevande. 
  • Industria farmaceutica: anche in questo settore, i requisiti di igiene e sterilità sono altissimi. I sistemi CIP (e spesso SIP, come vedremo) sono essenziali per la produzione di farmaci, vaccini e altri prodotti sterili, poiché garantiscono l’assenza di contaminazioni che potrebbero compromettere la salute dei pazienti.
  • Industria cosmetica: anche nella produzione di creme, lozioni e altri prodotti per la cura della persona, la pulizia accurata degli impianti è fondamentale per garantire la stabilità e la sicurezza del prodotto.

Qual è la differenza tra SIP (Sterilization In Place) e CIP (Cleaning In Place)?

Oltre a CIP, spesso si sente parlare anche di SIP. Nonostante sia solo una lettera a differenziarli, è importante non confondere i due processi:

  • CIP (Cleaning In Place): ha l’obiettivo primario di pulire, ovvero rimuovere lo sporco visibile e invisibile (residui organici, inorganici, biofilm iniziali) dalle superfici. Utilizza principalmente detergenti chimici e acqua calda/fredda.
  • SIP (Sterilization In Place): ha l’obiettivo di sterilizzare, ovvero eliminare o inattivare tutti i microrganismi vitali (batteri, spore, funghi, virus) presenti sulle superfici dopo che queste sono state pulite. La sterilizzazione avviene tipicamente tramite vapore saturo ad alta temperatura (es. >121°C) o, in alcuni casi, con agenti chimici sterilizzanti specifici a temperature elevate.

In molti settori, specialmente nel farmaceutico e in alcuni processi alimentari asettici, il ciclo SIP segue il ciclo CIP. Prima si pulisce a fondo con il CIP, poi si sterilizza con il SIP per garantire l’asetticità necessaria alla produzione successiva.

Come avviene la pulizia CIP nell’industria alimentare?

Un tipico ciclo di pulizia CIP nell’industria alimentare è composto da diverse fasi, che possono variare a seconda del prodotto lavorato, del tipo di sporco e della configurazione dell’impianto. Tuttavia, un comune processo di pulizia CIP include:

  1. Pre-risciacquo: è la fase iniziale in cui viene sfruttata con acqua (fredda o tiepida) per rimuovere i residui grossolani e solubili, “bagnando” le superfici e riducendo il carico di sporco per le fasi successive. 
  2. Lavaggio alcalino (caustico): si utilizza una soluzione detergente alcalina (spesso a base di soda caustica – NaOH), solitamente calda ( 60-85°C), per rimuovere grassi, proteine e residui organici complessi, tipici dell’industria alimentare.
  3. Risciacquo intermedio: la soluzione detergente alcalina utilizzata nella fase precedente viene rimossa con dell’acqua, così da evitare reazioni indesiderate e preparare le superfici alle fasi successive.
  4. Lavaggio acido (opzionale/alternato): viene utilizzata una soluzione detergente acida (es. acido nitrico o fosforico), spesso a temperatura ambiente o leggermente calda, per rimuovere incrostazioni minerali (calcare, “pietra di latte” nel settore caseario) e neutralizzare eventuali residui alcalini. 
  5. Risciacquo finale: a questo punto, va effettuato un risciacquo con acqua di buona qualità (spesso acqua potabile o purificata) per eliminare ogni traccia di detergente. 
  6. Sanificazione/disinfezione (opzionale): a volte, soprattutto se non segue un ciclo SIP, la pulizia CIP si conclude con una fase di sanificazione a freddo o a caldo utilizzando un agente chimico specifico (es. acido peracetico, ipoclorito di sodio – quest’ultimo con cautela per rischio corrosione) per abbattere ulteriormente la carica microbica residua. 

Pulizia CIP: efficacia e fattori influenzanti

L’efficacia di un sistema di pulizia CIP non è scontata e dipende da un equilibrio preciso di fattori, spesso riassunti nel Cerchio di Sinner:

  1. Azione chimica: tipo e concentrazione dei detergenti/sanificanti utilizzati. Devono essere scelti in base al tipo di sporco da rimuovere e alla compatibilità con i materiali dell’impianto.
  2. Temperatura: il calore aumenta l’efficacia dei detergenti e aiuta a solubilizzare certi tipi di sporco (es. grassi). Ogni fase deve avere una temperatura ottimale.
  3. Tempo: durata di ogni fase del ciclo. Un tempo insufficiente non garantirà una pulizia completa.
  4. Azione meccanica: energia fornita dal flusso del liquido detergente. Una portata adeguata (spesso si punta a velocità di flusso di almeno 1.5 m/s nelle tubazioni) e una corretta distribuzione tramite spray-ball nei serbatoi sono essenziali per “staccare” fisicamente lo sporco.

Questi quattro fattori sono interconnessi: ad esempio, si può compensare una temperatura più bassa aumentando il tempo o la concentrazione del detergente (entro certi limiti).

Per capire se il processo di pulizia CIP è stato o meno efficace, deve essere effettuata la validazione del ciclo, che può includere:

  • Ispezione visiva: controllo diretto delle superfici (ove possibile) per assenza di residui.
  • Monitoraggio dei parametri: controllo costante di temperature, pressioni, portate, tempi e conducibilità durante il ciclo.
  • Analisi dell’acqua di risciacquo finale: verifica della conducibilità (assenza di detergenti) e analisi chimiche (assenza di residui di prodotto).
  • Test rapidi: uso di tamponi ATP (Adenosina Trifosfato) per rilevare residui organici invisibili in pochi minuti.
  • Analisi microbiologiche: tamponi superficiali analizzati in laboratorio per verificare l’abbattimento della carica batterica.

Quali fattori considerare per scegliere e progettare un sistema di pulizia CIP?

  • Tipologia di prodotto e sporco
    Quali residui devono essere rimossi? Grassi, proteine, zuccheri, minerali? La natura dello sporco determina la scelta dei detergenti e la sequenza del ciclo.
  • Configurazione dell’impianto da pulire
    Complessità delle linee, presenza di punti morti, tipo di superfici, materiali (acciaio inox AISI 304, 316L, guarnizioni EPDM, PTFE, ecc.).
  • Configurazione del sistema CIP
    • Singolo uso: le soluzioni detergenti vengono preparate, utilizzate una volta e scaricate. Adatto per piccoli impianti o cambi frequenti di prodotto.
    • A recupero: le soluzioni (soprattutto alcalina e acida) vengono recuperate, ri-analizzate, eventualmente rabboccate e riutilizzate per più cicli. Più efficiente per grandi volumi e cicli frequenti, riduce i consumi.
    • Mista: combinazione delle due logiche.
  • Dimensionamento
    Volume dei serbatoi CIP (acqua, detergente caustico, detergente acido, recupero), potenza delle pompe (per garantire portata e pressione adeguate), scambiatori di calore.
  • Distanza e layout
    La distanza tra l’unità CIP e i punti di utilizzo influenza le perdite di carico e di temperatura. Il layout deve permettere un flusso efficiente e un buon drenaggio.
  • Automazione e controllo
    Livello di automazione desiderato (manuale, semi-automatico, completamente automatico con PLC), sistemi di monitoraggio, registrazione dati (fondamentale per tracciabilità e validazione).
  • Utilities
    Disponibilità e qualità di acqua (durezza, contaminanti), vapore, aria compressa.
  • Normative e standard
    Conformità alle normative specifiche del settore alimentare (es. HACCP, GMP, standard EHEDG).

Conclusione

Un sistema di pulizia CIP ben progettato, implementato e validato è un investimento che ogni azienda del settore alimentare dovrebbe fare, per numerose ragioni: garantisce la conformità normativa, la sicurezza del prodotto, aumenta l’efficienza operativa, riduce i tempi di fermo impianto, ottimizza l’uso di acqua, energia e prodotti chimici, migliora la sicurezza sul lavoro, e così via. 

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